Bombeiros, il nuovo libro di racconti illustrati. Edizioni Tapirulan

[Suggerimento musicale per la lettura: Light my fire_The doors]

 
La quarta edizione del concorso di racconti di Tapirulan è arrivata al suo epilogo: la presentazione del libro a Cremona, il 6 e il 7 di ottobre.

E’ trascorso un anno da quando, sotto suggerimento di un’amica, inviai il mio lavoro per il concorso di racconti illustrati.
Più di cinquecento racconti inviati, dodici soli vincitori, tra cui il mio dal titolo La begonia.

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Il regolamento è semplice: scrivere un racconto breve, scegliere tra una rosa di cinque illustratori dai quali si vorrebbe fosse illustrato il proprio racconto, inviare il tutto e attendere.
Una bella iniziativa giunta alla sua quarta edizione, di una associazione prima e casa editrice poi, che si impegna attivamente e con grande professionalità per creare qualcosa di tangibile e durevole: concorsi di poesie, illustrazioni, racconti come occasioni per creare sinergie e contatti tra le varie arti.
L’antologia contenente i racconti selezionati dalla giuria, guidata dallo scrittore Gianluca Morozzi verrà presentata domenica 7 ottobre a Cremona: alle 10 è fissato il ritrovo nella sede di Tapirulan (via Voghera) 1/a dove sarà allestita la mostra delle illustrazioni pubblicate sul libro, poi alle 11 ci si sposta presso  la caserma dei Vigili del Fuoco di Cremona (via Nazario Sauro 14) per la presentazione dello stesso.

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Qui sarà possibile incontrare gli autori: Marco Alfano, Donatella Azzolini, Edoardo Brosio, Andrea Cirillo, Roberto D’Agostin, Luca Dore, Francesca Marchegiano, Franjo Matanovic, Maurizio Perelli, Alessandro Sesto, Rosanna Spinazzola, Mario Trapletti.
E gli illustratori: Margherita Allegri, Claudio Arisi, Giuseppe Braghiroli, Daniele De Batté, Luca Fabbri, Faber, Dimitri Fogolin, Giorgio Fratini, Andrea Gualandri, Arianna Papini, Guido Scarabottolo, Lucio Villani, Daniela Volpari.
Il titolo del libro è Bombeiros, modo in cui vengono chiamati i pompieri portoghesi: perché l’arte divampa e il sacro fuoco delle parole brucia dentro tutti quelli che, dall’Arte, si sentono chiamati.
Se passate da quelle parti, siete i benvenuti.
A presto con gli aggiornamenti dell’evento, qualche anticipazione del mio racconto La begonia e l’illustrazione di Margherita Allegri legata al mio lavoro!

Il libro si può acquistare on line QUI

Oppure direttamente verso i punti vendita:

Parma
Libreria Feltrinelli
 via Repubblica, 2 – 0521.386810
Libreria Fiaccadori
 strada Al Duomo, 8 – 0521.282445
Libreria Mondadori 
Centro commerciale Euro Torri 3/3A, Piazza Balestrieri 2/A – 0521.271600

Cremona
Libreria Timpetill
 via Mercatello, 50 – 0372.800802
Libreria Feltrinelli
 corso Mazzini, 22 – 0372.24865
Centro Fumetto Andrea Pazienza 
piazza Giovanni XXIII, 1 – 0372.22207
Libreria Ponchielli
 piazza S. Antonio Maria Zaccaria, 10 – 0372.23867
Libreria Del Convegno
 corso Campi, 72 – 0372.22633

Milano
Libraccio
 via Corsico, 9 (incrocio con via Alzaia Naviglio Grande) – 02.8323230

Brescia
Libreria Colibrì
 via S. Bartolomeo, 15/a – 030.394225

Mantova
Libreria Nautilus 
piazza 80° Fanteria, 19 – 0376.360414
Libreria Feltrinelli
 via Umberto I, 56 – 0376.369733
Libreria Il pensatoio
 via Accademia, 56 – Tel: 0376.1810788 
www.pensatoioinrete.it

Bologna
MODO infoshop – Interno 4 Bologna
via Mascarella 24/b e 26/a – 051.5871012

Forlì
Libreria Regnoli
via Regnoli, 12 – 0543.30097

Roma
Libreria Altroquando 
via Del Governo Vecchio, 80 – 06.6879825 
www.altroquando.com

Napoli
Libreria Treves
 piazza Plebiscito, 12 – 081.7640858

Firenze
Libriliberi Libreria
 via San Gallo, 25/27r – tel: 0552658324
www.libriliberi.com

-Per informazioni: info@tapirulan.it

 
 

C’era una volta, a Grimmland… ovvero “Momenti da favola” del Goethe institut

[Suggerimento musicale per la lettura. Tchaikovsky: Il Valzer dei Fiori, da Lo Schiaccianoci]

 
 
Devo ammettere che da appassionata di fiabe quale sono, raggiunta l’età della ragione, non ho mai apprezzato pienamente il lavoro dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm.
Mi spiego meglio: il loro valore è assolutamente incontrovertibile, la raccolta dei racconti popolari tedeschi encomiabile e la loro dedizione ammirevole. Purtuttavia, i cambiamenti apportati alle fiabe che raccoglievano, in termini di eliminazione di ogni riferimento sessuale implicito o esplicito, sono talmente invasivi da essere secondi solo allo scempio che compì Perrault sulle fiabe popolari, adattandole (ma diciamo pure stravolgendole) al manierismo della corte francese alla quale erano destinate.
Per non menzionare l’orrore (ma qui i fratelli non c’entrano nulla) della traduzione inglese, dalla settima edizione in poi, dei loro racconti, che risultava epurata anche da ogni riferimento che oggi definiremmo noir.
Poi, certo, c’è quel pizzico di campanilismo che mi spinge a contestare la paternità tedesca o francese della fiaba di Cenerentola: la Gatta Cenerentola di Giambattista Basile nel suo Lu cunto de li cunti merita almeno una citazione, per la miseria (tanto più che la elaborò prendendola da lì), per non parlare de La bella addormentata.
Ma forse sono questioni di lana caprina: le fiabe appartengono all’intera umanità ed è insito nella loro natura il perdere qualcosa lungo il corso dei tempi per inglobare nuovi elementi che le mantengano vive in eterno (forse, ma a me la scarpa di cristallo inventata da Perrault proprio continua a non andarmi giù).
Le fiabe sono, secondo la mia modesta opinione di studiosa e appassionata, come sosteneva il formalista russo Propp, l’ultimo baluardo degli antichi riti di passaggio dall’età puberale a quella adulta che i ragazzi compivano al compimento della maggiore età (che all’epoca si aggirava intorno ai dodici anni).

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Alcuni testi letti per la mia tesi

L’analisi che lo psicologo infantile Bruno Bettelheim, nel suo libro Il mondo incantato, condusse sulle fiabe dei Grimm lo portò ad affermare che esse altro non fossero che una analisi, con annessa soluzione, di problemi esistenziali infantili. Ma lui era psicologo, si sa, e per di più freudiano. La sua tesi, seppur interessante, mi pare un po’ tirata per i capelli: non nego che essa abbia in sé della verità, ma in aggiunta a quella formalista, non a prescindere da essa.
Le fiabe sono narrazioni di riti e credenze molto, molto antiche e, per questo, offrono soluzioni alla psiche umana in lotta con la dura legge della natura.
Riaffiorano analisi condotte sulla mia tesi di laurea sui Miti, i Riti e le Fiabe e mi viene voglia di citare Calvino, Eliade, Yeats e Afanas’ev, tanto per dirne alcuni, anzi no: sarebbe interessante riportare Jung e Campbell e Il Mahābhārata o forse potrei partire da Lemille e una notte e dall’Edda di Snorri.

Ma io divago. Torniamo a noi.

Estate, giallo, afa: mia cognata mi telefona (lei insegna tedesco alle superiori); c’è un concorso piccolo ma pregevole bandito dal Goethe-Institut. Si chiama “Momenti da favola”: basta comporre una fiaba non più lunga di tre frasi su quello che si ritiene essere il momento della giornata (o della vita) che più si avvicina a una favola, per celebrare l’uscita, duecento anni fa oggi, nel 1812, della prima edizione delle Favole dei Fratelli Grimm. Primo premio: un fine settimana in Germania. Secondo: gadget e pubblicazione sul sito. Ci penso, ringrazio, abbasso la cornetta.

Estate, giallo, afa: qual è il momento che rende la mia giornata una favola? Ci penso un nanosecondo, credo. Forse meno. Abbasso lo sguardo sul quaderno che ho davanti, prendo la penna, ci penso qualche minuto. Scrivo, cancello, riscrivo. Non mi piace. Riscrivo e taglio. Mi faccio un caffè, mi risiedo e riscrivo la parte tagliata.

Ecco il mio momento da favola:
“Una porta si apre: sulle pagine si scontrano parole, dietro gli occhi esplodono galassie. L’anima, sporgendosi per guardare meglio, ci precipita dentro. Tutti lo chiamano leggere, io lo chiamo tornare a casa.”
Invio per mail e non ci penso più. Dopo qualche tempo, mi avvisano che la mia mini favola è seconda, insieme a qualche altra ex equo.

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I gadget-premio del Goethe Institut

Il mio nome, insieme a quello degli altri vincitori, è pubblicato sul sito www.goethe.de/grimmland nella pagina dedicata al concorso “Momenti da favola”. Due settimane dopo ricevo un pacco: borsa, quaderni, blocknotes, magliette e perfino un gioco di società.
Il fine settimana a Berlino mi sarebbe piaciuto, ma questa organizzazione tedesca non mi dispiace. In fin dei conti, ho il mio nome accanto a quello dei fratelli Grimm, sul sito almeno. E’ vero, non li idolatro, ma sono pur sempre coloro che scrissero il primo Dizionario di tedesco al mondo! La stima, c’è, e in un certo qual modo anche un tenero, singolare affetto.
Cos’altro importa?

 

Il rapporto tra creatività e spiritualità. Intervista su Keltoi Radio.

 

Come dice splendidamente Ilaria Ruggeri nel suo bel blog, il binomio creatività e spiritualità è un accostamento potente. Lo paragonerei a un Ouroboros che, in un circolo virtuoso, divora energia da se stesso e crea da sé ciò di cui ha bisogno.
Il 24 febbraio, un giorno nevoso, buio e incidentalmente quello del mio compleanno, Ilaria mi ha chiamata a nome dell’associazione Argiope Donne nel Sacro, di cui fa parte, e mi ha chiesto di rilasciare un’intervista per la rubrica “Il filo di Argiope” tenuta sulla web radio Keltoi Radio.
Mi ha chiarito che la cosa sulla quale desiderava focalizzarsi era il rapporto tra creatività e spiritualità, e come le due istanze potessero non solo convivere pacificamente ma sostenersi a vicenda.
L’intervista è stata trasmessa in diretta ma ci sono stati fastidiosissimi problemi tecnici di connessione, sia prima che durante l’intervista, per cui l’audio è per lunghi tratti rovinato e si fa fatica a seguirne le parole.

In buona sostanza si è parlato di come io sia diventata una scrittrice e il percorso, nient’affatto semplice, di affermazione dello stesso termine.
Un pezzo della mia storia personale: il desiderio di scrivere avvertito prepotentemente fin da bambina ma soffocato e messo da parte per tantissimi anni. Il senso di frustrazione, la mancanza di fiducia nelle mie capacità, troppo a lungo annichilite sotto le ragioni inappellabili di ciò che “era giusto che io fossi”. Per gli altri, ovviamente.  L’iter di formazione e lavoro su binari socialmente condivisi e “sicuri”, che hanno reso la mia vita interiore un vero e proprio inferno.
Poi, la ricerca spirituale che mi ha afferrata e trascinata verso un nuovo equilibrio interiore, il bisogno impellente di dare un senso alla mia esistenza, la ricerca delle mie radici profonde.
Nel mezzo del cammino di riscoperta del Sé, un viaggio sciamanico effettuato in un momento buio e doloroso, grazie all’esperienza  iniziata anni prima con Lorenza Menegoni della Foundation for Shamanic Studies, mi ha fatto rivivere un episodio fondamentale del mio passato, nel quale ho recuperato di un frammento di anima.
Il primo di una lunga serie di immersioni nel profondo, come direbbe Jung.
La “sacra follia” dell’archetipo del Matto dei tarocchi e un perfetto incastro di sincronicità, sempre per dirla alla Jung, mi hanno aperto la strada: ho finalmente scelto di abbandonare il lavoro che avevo, tutto ciò che avevo faticosamente costruito, frutto di tanti sacrifici, per diventare ciò che sono. Davvero. E ricominciare con i sacrifici, ma questa volta senza rimpianti, frustrazioni o sofferenze.
La mia apertura fiduciosa e assoluta all’Universo e ai disegni che sono previsti per me, il coraggio di seguire i segnali che mi indicavano la via.
Un viaggio tortuoso e ricco di significati profondi. Di incertezza e dubbi ma anche di coraggio e bellezza. L’attesa paziente del momento giusto e l’attimo colto senza esitazioni.
Io sono una scrittrice. Lo sono sempre stata e lo sarò sempre. le parole creano il mondo e realizzano ciò che desideriamo. La parola è modellata dall’intenzione e permea di sé la forma.
Vi è un enorme potere nelle nostre convinzioni e  nel modo in cui ci programmiamo. Siamo noi a decidere se i nostri pensieri debbono aiutarci o ostacolarci verso il raggiungimento di un obiettivo. Questa forza dorme nel profondo della nostra anima, e per risvegliarla è sufficiente la Volontà.
La Volontà è tutto.
Essere una scrittrice, per me, è realizzare il progetto divino che mi è stato assegnato in questa vita.
E’ una necessità e un dovere: quello di restituire agli altri quello che io, lettrice onnivora, ho preso in prestito leggendo.

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Il mio ritratto fatto da © Ilaria Ruggeri

Libri come “Donne che corrono coi lupi”, “Donne che amano troppo”, “Il recupero dell’anima” e “La via dell’artista”, tanto per citarne alcuni, sono stati per me di enorme aiuto e ispirazione. E’ per questo che ho deciso che le mie storie, ora, racconteranno di donne che seguono un percorso di liberazione della propria psiche naturale istintiva, e ritrovano il coraggio di avere fiducia in se stesse.

Concludo tornando alla questione iniziale, in uno schema abbastanza banale ma efficace: il percorso spirituale influisce sulla creatività e aiuta a superare le impasse naturali, intimamente legate a questo mestiere. I viaggi sciamanici, l’uso di archetipi come Rune e Tarocchi, il potere dei cristalli e il cambiamento della qualità dell’energia durante i cicli stagionali e lunari sono strumenti potenti, al servizio di tutti coloro che necessitano di quelle energie immaginifiche e ispiratrici, che soffiano potenti nelle creazioni.
Fino alla fine di tutto, costi quel che costi.
Affinché la mia esperienza autentica possa aiutare quelli che sentono di non stare percorrendo il giusto sentiero a prendere un’altra strada. Senza paura.

Qui, l’intervista in versione integrale.

 
 

“Il libro che non c’è”. Laboratorio di scrittura di RAI ERI.

Un laboratorio di scrittura, Il libro che non c’è, coordinato da Rai Eri.
Una cosa nata per caso.
Vengo segnalata dalla mia insegnante di danza del ventre Michela Giordani (anche lei scrittrice di vocazione). Mi rispondono che devo inviare uno scritto sul perché mi piace scrivere, e io lo scrivo.
Mi rispondono dopo una settimana: sono stata scelta. Siamo una ventina, su quattrocento che hanno inviato la prova.

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Nella bella RAI in via Teulada inserisco il mio pass nei tornelli e riconosco presentatori, showman, giornalisti i cui nomi sono troppi da elencare.
Il laboratorio si svolgerà nella Sala Blu. Conosco altri come me: gente che ha le parole nel sangue e che non può fare a meno di scriverle.
Il bravissimo Luciano Gualà è il primo che conosco, seduto accanto a me. Poi Emili Spinelli, Antonino Garaio, Cecilia Vedana, Corinna Castelli, Marco Flamini, Paola Rinaldi, Marina Tagliaferri e tanti altri che hanno reso speciale quei mesi.
Gente con cui scambiare idee, opinioni, strutture, consigli, trame; con cui nutrire l’artista bambino che è dentro di noi.
Il progetto è curato da Paola Gaglianone, editor con una lunga esperienza di promozione della lettura, assistita da Alessandro Salas, scrittore, e da Angelo Molica Franco, un giovane editor.

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Mimmo Liguoro e io

Il Laboratorio si avvale anche della guida di una qualificata commissione di dirigenti e intellettuali della Rai, tra i quali il mio preferito è Mimmo Liguoro.

Il clima è proprio quello della fornace creativa: si parla, ci si esprime, si leggono alcuni lavori, si commentano. Ci viene spiegato il come e il quando. La scrittura applicata alla narrazione, alla fabula, al racconto filmico.

La parola come immagine, l’incipit, la voce narrante, la durata, il ritmo, i dialoghi, lo studio dei personaggi, la ricerca di senso. 

Il laboratorio si conclude, e c’è qualche mese di stop.

Poi, una mail: sono stata scelta per il secondo e selezionato corso di approfondimento. E la storia continua.

Mi mancano alcuni amici del primo corso, e ne conosco di nuovi.
Paola e Angelo tengono con mano ferma quelli che scalpitano per parlare, per esprimersi, per raccontare.
Si creano racconti, si confrontano con quelli di autori noti, con romanzi e con film.
E poi, gli incontri con noti scrittori e giornalisti italiani. Mi è toccata Dacia Maraini, un mostro sacro che ho avuto l’enorme piacere di conoscere, una donna coltissima ed eccezionale, insieme alle altre autrici del bellissimo libro Donne del risorgimento, ovvero E.Doni, C.Galimberti, L.Levi, M.S.Palieri, L.Rotondo, F.Sancin, M.Serri, F.Tagliaventi, C.Valentini, a ognuna delle quali ho chiesto di dedicarmi il libro con autografo.
Abbiamo parlato, e ho scoperto Controparola: le autrici del volume fanno parte di un gruppo di giornaliste e scrittrici nato nel 1992 per iniziativa di Dacia Maraini.
Abbiamo parlato, e mi si è allargato il cuore.
Abbiamo parlato, e a me è aumentata la voglia di scrivere.

 
 

“Legame di sangue”, sceneggiatura per un cortometraggio

Una sceneggiatura per un cortometraggio.
Otto pagine per otto minuti.
Ambientazione World of Darkness, commissionato dall’associazione ludico culturale Camarilla Italia.
I protagonisti sono vampiri. Una piccola finestra su un mondo noir che affascina e appassiona l’essere umano. Il vampiro pone nell’uomo il tarlo del dubbio: sono io poi così distante da quell’altro da me?
Citando Sallustio: “queste cose non furono mai, ma sono sempre”.

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Nella suggestiva cornice della periferia di Matera (Lucania) iniziano le riprese.

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Andando via portiamo con noi questa fetta di paradiso.
Fino al prossimo ciak!


“Legame di sangue”

Regia Alessandro Mancini.
Aiuto regia Esra Nazli Bekarslan e Federico Moschetti.
Idea Antonio Ferraro
Sceneggiatura Rosanna Spinazzola.
Montaggio Andrea Mei.
Attore protagonista Michele Milesi.
Attore non protagonista Luca Canova.

 
 
 
 

Salon du Livre de Montreuil, Paris.

Potrei dire che ho atteso a scrivere questo post per far decantare le mie impressioni, per farne aprire il bouquet come il vino buono, ma non lo farò.
Ho atteso perché non ho avuto il tempo di scriverlo prima.
Ho partecipato alla ventisettesima edizione del Salone del Libro e della presse Jeunesse di Montreuil a Parigi dal 30 novembre al 5 dicembre, con la mia cartellina sotto un braccio e tante speranze sotto l’altro.

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Ho condiviso questa bella e significativa esperienza con Laura Iorio,  Michela Burzo e Ilaria Ruggeri, illustratrici di indubbio talento: ho scritto tre storie per il pubblico “jeunesse”, e con loro ho incontrato direttori artistici delle più grandi e prestigiose case editrici francesi.

L’esperienza in fiera è stata foriera di insegnamenti: come ad esempio l’indirizzo opportuno del vestiario in fiera (solo cotone, o si rischia la disidratazione); il corretto atteggiamento da tenere con gli addetti al settore; la pazienza necessaria a lavorare in un ambiente in cui regnano come principi indiscussi centinaia di bambini scatenati e una “orrenda falange di pubescenti”.

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Scherzi a parte, la stanchezza è stata enorme, sia per le energie fisiche impiegate, sia per quelle emotive e mentali. A volte è stato esaltante e l’energia di ritorno mi ripagava delle difficoltà da superare, altre è stato necessario invece attingere alle mie riserve per stringere i denti e continuare a credere nei miei progetti.

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Michela alla fine della prima giornata di fiera

La fiera era dedicata al Circo, e l’atmosfera che ne derivava invogliava a creare. Gironzolare, tra un incontro e l’altro, in mezzo gli stand, osservare gli illustratori autografare e dedicare i propri libri, vedere i volti dei bambini entusiasti di questa o quella storia mi ha messo addosso una enorme voglia di scrivere. Se avessi potuto, mi sarei seduta a un angolino e avrei trascorso tutto il tempo a inventare nuovi mondi per quelle menti fertili. E l’ho anche fatto, buttando giù un incipit di una nuova storia (che faccio fatica a leggere per quanto è scarabocchiato), mentre attendevo di essere chiamata a un incontro con il direttore artistico di turno.

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La Senna e io

Ho presentato delle storie difficili: perché ne ho abbastanza della ennesima rivisitazione di Alice e delle principesse e dei cavalieri. Perché credo nella importanza di trasmettere messaggi di spessore, affinché il territorio intonso che sono i bambini e i ragazzi sia reso fertile. Perché credo fortemente che le storie vivano in coloro che le leggono, e meglio sia che vivano storie buone piuttosto che banalità e conformismo.

parigi_9Non so se ciò che abbiamo presentato sia piaciuto: forse si, forse no. Gli editori devono vendere, e danno al pubblico ciò che il pubblico chiede… ma non ne sono tanto sicura. Loro stessi innescano trend in ribasso, foraggiando bisogni superflui, all’altare dei quali i bambini imparano a sacrificare la propria vera essenza. Spero che qualche editore punti sulla novità e sulla qualità. Proprio qualche giorno fa pensavo che quando avevo dieci anni lessi David Copperfield, Un Canto di Natale, Anna Karenina, Guerra e Pace, I miserabili e tutta una serie di libri che amo molto tuttora e che mi hanno formata come persona, e che di “facile” non avevano nulla, e non posso (e non voglio) credere di averlo fatto solamente io, né di essere stata l’ultima a farlo. Vedremo.

Alla fine, un salto all’atelier in cui vive e lavora Laura insieme a Roberto RicciMatteo Simonacci e Simone Puccio: un saluto ai ragazzi italiani che, con grande professionalità e altrettanto grande talento, dedicano la propria vita al faticoso mondo dell’Arte inseguendo un sogno.

parigi_10Una dedica speciale per Urban, l’ultimo fumetto di Roberto Ricci, e poi via all’aereoporto e a Roma.

 

“La leggenda dell’Amica Ancestrale”, una fiaba illustrata.

Un’ anteprima, un progetto, una fiaba.
La leggenda dell’Amica Ancestrale” è una storia che parla di come le donne smarriscano il senso originario della propria bellezza e femminilità  per adattarsi a modelli prestabiliti – da altri – ed errati.
Affinchè le bambine, nel loro futuro di donne, facciano risplendere la loro magnifica unicità.

Due illustrazioni realizzate da Laura Iorio

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“Storia di una scintilla”, una fiaba illustrata.

Ecco l’anteprima di un progetto che sta nascendo proprio in questi freddi e bagnati giorni (insieme a molti altri). Una fiaba illustrata. Affinché le menti dei bambini ricordino ciò che già sanno.

“Storia di una Scintilla”, illustrata da MICHELA BURZO è un racconto che parla di una mancanza: la perdita di uno o di entrambi i genitori e il percorso che una bambina fa, attraverso gli Spiriti degli antenati, per ritrovarli. Ovvero per sempre nel proprio cuore.

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La casa del quartiere Coppedè

Un concorso letterario, indetto dal Comune di Roma.
Un premio dedicato al quartiere Coppedè, “unico esempio a Roma dell’eclettismo dell’architetto e scultore fiorentino Gino Coppedè”.

Chi  conosce Roma non può ignorare questo quartiere che combina in maniera originale stili architettonici tanto diversi. Liberty, Art Decò, Gotico e Barocco, fusi con l’arte medievale, rinascimentale e dell’antica Grecia. Il risultato è conturbante, spiazzante, ammaliante.
Una zona franca nella frenesia caotica dell’Urbe.
Per queste creazioni surreali ho creato una storia brevissima.
Il titolo è La casa del quartiere Coppedè.

Uno dei ragazzi che ha valutato il mio racconto per la selezione si è venuto a complimentare.
Mi ha detto di averlo letto di notte e durante la lettura si è dovuto alzare per accendere la luce. La storia gli ha provocato una inquietudine sottile che gli è rimasta attaccata addosso per ore.
Quale migliore complimento poteva mai essermi fatto?

Qui c’è il racconto completo, con il titolo cambiato. Chissà perché.

Deve essere piaciuto, a giudicare dal risultato.

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SINOSSI

Gualtiero, il protagonista, abita il quartiere nell’immediato dopoguerra. Soggiogato da quelle visioni di calce e cemento cade vittima delle sue stesse illusioni e, semplicemente, perde il senno. Vediamo il quartiere attraverso i suoi sensi, i suoi sentimenti. Angoscia, paura, inquietudine. Sente che il quartiere lo ha condannato a una esistenza diversa, limitata. Lo imprigiona, gli toglie l’aria, la libertà. Ma è davvero così? In un “mondo esterno” in cui la “malta grezza del materialismo” si è infiltrata ovunque, chi è davvero il folle? Chi vive imprigionato e conduce una esistenza limitata? Non lui. 

Qualche foto della premiazione.

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Rivista letteraria “Origine”

Era il 2002, mi pare. Il cuore della mia formazione universitaria.
Nella sovraffollata Casa dello Studente romana di via De Lollis, dentro una stanza larga poco più di tre metri per tre, un gruppo di ragazzi ragionava di letteratura.
Incontravo  tutte le sere (o quasi), Michele Infante (che divenne poi il Direttore Responsabile), l’ottimo Paolo Vecchio, il talentuoso Davide L. Malesi, il redattore Roberto Balzano e pochi altri. Erano gli albori. Eravamo pochi.  Uno sparuto  manipolo di appassionati della carta.

Ricordo bene il fascio di luce della lampada che avvolgeva quei corpi giovani, illuminando volti con barbe morbide, rade. Poco più che adolescenti, poco meno di uomini. In quegli spazi angusti, seduti sul pavimento perché non c’erano sufficienti sedie, fondammo la rivista letteraria Origine.
Questa qui: Rivista letteraria Origine

Ne sentivamo l’esigenza. La spinta creatrice soverchiava le nostre difficoltà, le ristrettezze, i limiti contro i quali sbattevamo tutti i giorni. Dall’editoriale di quel numero 0 di Michele Infante rileggo: «questo progetto nasce dall’esigenza di una fruizione diversa dell’arte e di svecchiamento di un sistema editoriale che vede la pubblicazione sempre di soliti noti, scrittori o intellettuali […] L’attuale panorama letterario non permette a giovani autori l’accesso alle stampe. La nostra scommessa è ritagliarci uno spazio capace di accogliere idee e voci “fresche”, di far nascere interesse, stimolare discussioni critiche

Una scommessa di carta in un’epoca in cui il virtuale cominciava la sua forsennata corsa verso il futuro. Certamente follia, ma sacra.
La rivista fu fondata, con molti sforzi da parte di tutti, riuscendo a essere pubblicata per Natale. Portai a casa dai miei quel numero 0, fiera del risultato ottenuto.
Rileggendolo ora, a distanza di quasi dieci anni, il mio racconto mi pare brutto, scritto male, esposto peggio, senza trama, senza mordente. Eppure mi commuove. Per la passione, la speranza, il fervore quasi religioso per quel progetto.

Cosa successe poi?

Mi persi io, forse mi persero loro, ricordo poco. Qualche screzio, gli esami che pendevano come una ghigliottina pronta a scattare sulla mia borsa di studio. Accadde che la trama si sfilacciò e non fu rammendata.

Eppure la parola Origine evoca ancora, in me, quell’autunno lontano in cui la passione per la letteratura mi unì a uno sparuto manipolo di giovani e inesperti eroi.

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