Di NaNoWriMo e Guardiani della Soglia

[Suggerimento musicale per la lettura. The Hobbit: Misty Mountain Cold]

 
Sono reduce da una “competizione contro me stessa” che mi ha in parte sfiancata e in parte entusiasmata. Spesso le due cose accadevano contemporaneamente.

Ho partecipato al NaNoWriMo (e vinto: qui sotto ne fornisco la prova), che sta per “National Novel Writing Month”.

Attestato

Attestato

Si tratta di una sfida a cui partecipano centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo.
In breve, si devono scrivere 50.000 parole di un romanzo in un mese.
Non si tratta di finirlo, o di scrivere un capolavoro: soltanto 50.000 parole di una informe bozza che potrebbe essere la larva da cui far sviluppare, con l’aggiunta di ulteriori parole e un paio di riscritture (facciamo anche tre o quattro), una farfalla.
Cosa si vince, se si arriva alla fine?
Quello che i monaci zen cercano di ottenere in anni di meditazione e preghiere: una vittoria su se stessi.

A parte sconti per applicazioni di scrittura, acquisto libri, eccetera, infatti, il contest ha l’unico obiettivo di dimostrare a noi stessi che possiamo farcela.
C’è un bel gruppo di sostegno su facebook e un colorato forum sul sito, dove altri NaNos come me si sono sfogati nei momenti di difficoltà, dubbio e stanchezza, ricevendo l’incoraggiamento degli altri concorrenti in un bell’ esempio di sportività tra scrittori.
Perché, diciamocelo, a scoraggiarci sono buoni tutti.
E i più bravi a farlo, siamo noi stessi.

Ho terminato la mia personale sfida, contro ogni mia previsione, con dieci giorni di anticipo. Nonostante gli spostamenti in lungo e in largo per l’Italia e le difficoltà oggettive che ho dovuto affrontare in questo freddo mese di Novembre, ce l’ho fatta.

L’ho fatto. Ne vado fiera.

Non importa se quello che ho scritto è illeggibile. E’ soltanto una prima stesura. Citando Hemingway “la prima bozza di qualsiasi cosa è merda”.
Concordo.
Scrivere è, infatti, riscrivere.

In questo mese di scrittura forsennata, ho notato un incremento delle mie ansie proporzionato al numero di parole buttate giù.
E più le combattevo, più loro aumentavano.
E più scrivevo, più loro aumentavano.
Soprattutto di sera.
Un paio di notti, confesso, non mi hanno fatto chiudere occhio.
Finché, una notte in cui mi tormentavano con accanita ferocia, ho avuto una illuminazione.
Che sciocca a non capirlo prima.
Subito dopo, sono crollata in un profondo sonno ristoratore.
Quello che ho capito è che più forza mettono loro nell’accanirsi contro di me, più io so di essere sulla strada giusta. E l’ho capito grazie a Joseph Campbell.

Le mie ansie avevano la forma di un Guardiano della Soglia.

Nel suo brillante lavoro “L’eroe dai mille volti”[1], Campbell sostiene che gli archetipi individuati da Jung (di cui era grande stimatore) condividono la struttura dei miti (delle leggende e delle fiabe) di ogni cultura del mondo.
E’ il monomito, come egli lo definisce, in cui ogni personaggio che ricalca un archetipo cambia nome e aspetto, ma mai funzione (un lavoro che fa il paio  con “Morfologia della fiaba” e “Le radici storiche dei racconti di magia” del formalista russo Vladimir Propp, di cui ho parlato brevemente qui).

Il Guardiano della Soglia è uno degli archetipi.
Come il nome stesso indica, difende un passaggio oltre il quale c’è esattamente ciò che noi desideriamo.
La sua caratteristica principale è quella di essere alimentato dalle paure di chi lo affronta: più abbiamo paura di lui, più diventa forte.

Come spezzare la catena?
Rudolf Steiner, filosofo e fondatore dell’Antroposofia, ce ne parla nel suo “La Scienza Occulta nelle sue linee generali“[2], dove dice che Il Guardiano viene superato solo quando si riesce a fargli assumere una forma più amichevole.

Il molliccio. Questa la capiranno solo i fan di Harry Potter.

Il molliccio. Questa la capiranno solo i fan di Harry Potter.

I Guardiani non sono lì per terrorizzarci senza un motivo. Come dicevo sopra, infatti, ogni archetipo ha una precisa funzione.
Essi ci proteggono da noi stessi, dai nostri fallimenti.

Julia Cameron ne “La via dell’artista”[3], lo chiama brillantemente “Il Censore”.
Il Censore ci sussurra frasi meravigliose quando meno ce lo aspettiamo, quando siamo in fila alla cassa del supermercato, laviamo i pavimenti o siamo sotto la doccia.
A me, sempre prima di addormentarmi.
Borbotta con la sua vocina: “Lo chiami scrivere quello? Dai, dimmi che è uno scherzo, su. Non conosci nemmeno la punteggiatura. Se non ce l’hai fatta fino ad adesso non ce la farai mai. Non sai nemmeno come si formatta un testo. Ehi, e la chiami trama quella schifezza immonda che hai buttato giù? Informe come un’anguilla. A nessuno interesserà ciò che scrivi. E poi, sei troppo vecchia per questa roba, non si campa d’aria. Dammi retta, getta la spugna.”

E la cosa interessante del Guardiano/Censore, è che lo fa per il nostro bene!

Sissignore: cerca di distruggerci per proteggerci. Interviene tutte quelle volte che usciamo dalla nostra comfort zone, quando ci dedichiamo alle cose che contano davvero per noi, che ci fanno sentire vivi, ma mettono a repentaglio la stabilità e l’equilibrio di ciò che abbiamo raggiunto.
Il Censore è inserito nell’area sinistra del cervello, quella dedicata alla sopravvivenza. E’ un residuo della parte incaricata di decidere se fosse sicuro per noi lasciare la foresta e andare fuori. Il nostro Guardiano/Censore confonde ogni nostro idea creativa con una bestia pericolosa. Le uniche cose che gli piacciono sono quelle che ha già visto prima. E per molte volte.

Cose sicure. La routine. La regolarità.
Il divano accogliente, la canottiera lana fuori e cotone dentro, il garage sotto casa, il caffè delle otto e il tè delle cinque.
Ascoltate il vostro Censore e vi dirà che qualsiasi cosa originale (e nuova) è sbagliata. E pericolosa. E che vi conviene non farla, se non volete rovinare la vostra vita.
Ma ciò è falso.
Qualsiasi cosa ci dica, non è mai, mai, mai, e ripeto mai (l’ho già detto, mai?) la verità.
Ma come neutralizzarlo? Come zittirlo? Si può sconfiggerlo?

Ho buone notizie. Si può fare.

Ovviamente ci vuole molta pratica, e una buona dose di pazienza.
E’ come un braccio di ferro tra uno che si allena da trent’ anni (o quant’è l’età della costruzione della nostra personalità) e uno che è appena nato (il nostro desiderio creativo, a cui non è mai stato dato sufficiente spazio).
Quando crediamo di averlo annichilito ecco che, per non essere riconosciuto, ritorna con un’altra forma.
Non è la scrittura il problema, dice, è quella lavatrice che non può proprio attendere. Ma cos’era quell’articolo scontato su Amazon che hai intravisto in un annuncio pubblicitario due mesi fa? E lavati quei capelli, per l’amor del cielo. Devi. Hai chiamato tua madre/fidanzato/amica del cuore? Si aspettano che tu lo faccia. Vuoi deluderli? Sei un’ingrata. E l’amico delle scuole elementari, eh? da quant’è che non lo senti? Perché non lo chiami adesso?

E se tutto ciò non dovesse bastare ecco che va a ripescare nella memoria un vecchio ricordo doloroso. Un rimpianto. O un senso di colpa (in verità, questi ultimi sono i suoi preferiti) per qualcosa accaduto cinque, dieci, quindici anni fa. Sentiti in colpa, dice. Soffri. Piangi. Fatti salire l’ansia ed espiaAdesso.
Tutto, purché tu metta giù quella maledetta penna!

È davvero un infame.

La Cameron suggerisce, tra i vari esercizi, di farne una caricatura da appendere di fronte alla nostra scrivania.
Un disegno da guardare ogni volta che apre quella bocca immonda per tirarci secchiate d’acqua fredda.
Ricordo che all’epoca, quando leggevo “La via dell’artista”, proprio sotto al disegno del mio personale Censore (che ha un dente solo e i brufoli sul naso), scrissi a mano “Non fai paura proprio a nessuno”.
In effetti, a posteriori, vi dirò: mi fa un po’ pena (e cercherò di ricordarmelo stasera quando, prima che io riesca a prendere sonno, mi sussurrerà le sue solite, gentili frasi di incoraggiamento).
Il Guardiano della Soglia è lì per verificare quanto, davvero, teniamo a qualcosa.

La sfinge di Tebe. Un altro simpatico Guardiano.

La sfinge di Tebe. Un altro simpatico Guardiano.

Il nostro desiderio è forte abbastanza da fornirci ciò che ci occorre per affrontare il Drago?
E non per ucciderlo (seppur brontolone, è sempre un nostro alleato, dopotutto), ma per rassicurarlo.
Ci mette alla prova: sapremo superarla?
Sonda la nostra volontà e, in un certo senso, la rinforza.
E più noi ci addentriamo nel reame dell’incerto, più lui tenta di impedirci di passare.
È un nemico solo all’apparenza.
Il Guardiano della Soglia, siamo noi. O meglio: è una parte di noi, i nostri demoni interiori. Le paure, le ferite, le debolezze.

Abbiatene cura, ha soltanto paura. Lo fa per proteggerci.

Joseph Campbelli dice che questa resistenza è una fonte d’energia. Il Guardiano va incorporato. E’ un’arma nelle nostre mani.
Un aspetto di noi con cui dobbiamo confrontarci e fare pace, una volta per tutte.
Se l’eroe ha la peggio col Guardiano, dice lo studioso, è soltanto perché non ha saputo abbandonare le sue illusioni.
Ed è al Guardiano che si riferisce Natalie Goldberg in “Scrivere Zen”[4] quando dice:
“Tenete la mano in movimento, non cancellate, non preoccupatevi dell’ortografia, della punteggiatura e della grammatica, perdete il controllo. Non pensate, non fatevi invischiare dalla logica, puntate alla giugulare. Se scrivendo viene fuori qualcosa che vi fa paura o vi fa sentire esposti, tuffatevici dentro. Probabilmente è carico di energia.”

Ma addomesticare un Drago non è cosa da tutti. Ci vuole tenacia, perseveranza, pazienza e una buona dose di follia.
E vi dirò di più: il divertimento è tutto lì.

Cosa mi ha dato dunque questo NaNoWriMo?
Oltre alla forza di lanciare qualche bistecca farcita di sedativo al Guardiano della Soglia così da permettermi di superare i cancelli senza timore, mi ha ricordato che, di qualsiasi cosa si tratti, se non costa niente farla, allora non vale la pena farla.

Sdentato, il mio Guardiano, e io. Ormai (quasi) buoni amici: mi porta dove nessun altro va

Sdentato, il mio Guardiano, e io. Ormai (quasi) buoni amici: mi porta dove nessun altro va

Buona sfida a tutti!

 


[1] Campbell J., L’Eroe dai mille volti, ed. Guanda (Marzo,  2000)
[2] Steiner R., La scienza occulta, Ed. Antroposofica Editrice (Aprile, 2005)
[3] Cameron G., La via dell’artista, ed. Longanesi (Gennaio, 1998)
[4]  Goldberg N., Scrivere zen, ed. Astrolabio Ubaldini, (1987)

Bombeiros, il libro.

Mezzanotte del 6 Ottobre, Cremona.
Un furgoncino giallo limone approda in piazza della Pace: dal retro compaiono sedie, tavolini e le prime copie di “Bombeiros”. È solo l’inizio.
f600_tapirulan_2858

Dieci di mattina del 7 Ottobre: la sede di Tapirulan è invasa da scrittori, illustratori e curiosi. Bellissime le opere della mostra di illustrazioni pubblicate sul libro.
La sottoscritta ha provato autentico entusiasmo per quella legata al suo racconto (dal titolo La begonia), realizzata da Margherita Allegri. Eccola qui:

begoniablog

“La begonia” interpretata da Margherita Allegri

Gli steli spinosi si arrotolano sulla protagonista e la
 intrappolano suo malgrado, mentre la figlia la guarda  impotente ed è
 molto, molto lontana l’uscita da quel mondo pieno di ricordi. 
Nel mio racconto volevo trasmettere come, quando si “perde” qualcuno,
 gli oggetti che gli appartenevano (o si condividevano), diventano 
delle trappole e tanto più si odiano quanto più chi ci ha lasciati le
 amava.
 La prima cosa che mi è saltata all’occhio è che nella  illustrazione non c’è nemmeno un oggetto,
 tranne uno: le piante. Simbolo di qualcosa che cresce e prospera
 nonostante l’avvizzimento del cuore di chi rimane.
Un bellissimo lavoro.
In bella mostra le prime copie di “Bombeiros”, tra un muffin, un succo di frutta e qualche chiacchiera per rompere il ghiaccio.

Bombeiros e Bombeiros limited edition

Bombeiros e Bombeiros limited edition

Ore undici: caserma dei vigili del fuoco (Bombeiros significa pompieri in portoghese) per la presentazione del libro.

Il racconto vincitore dal titolo “Eleonora” di Alessandro Sesto è davvero bello, ma devo dire che anche gli altri non sono da meno.

Una bella selezione fatta dalla giuria, presieduta dal simpaticissimo scrittore Gianluca Morozzi.

Gianluca Morozzi e io durante la presentazione de La Begonia

Gianluca Morozzi e io durante la presentazione de La Begonia

Gli autori, oltre a essere simpatici e gentili, sono ragazzi (e ragazze) piene di talento, come gli illustratori. Una bellissima giornata.
Ecco la foto di gruppo:

Gli autori, gli illustratori e i giurati del concorso

Gli autori, gli illustratori e i giurati del concorso

Una giornata ricca di letteratura e di bellezza, di quelle che non si dimenticano.
Un grazie a Fabio ToninelliAlberto CalorosiGuido Casamichiela e tutti i ragazzi di Tapirulan per aver messo in moto così tanta bella energia.
Bombeiros, per chi lo desidera, è disponibile anche al bookshop online.

Qui la fotogallery dell’evento.

Alla prossima!

 
 

Bombeiros, il nuovo libro di racconti illustrati. Edizioni Tapirulan

[Suggerimento musicale per la lettura: Light my fire_The doors]

 
La quarta edizione del concorso di racconti di Tapirulan è arrivata al suo epilogo: la presentazione del libro a Cremona, il 6 e il 7 di ottobre.

E’ trascorso un anno da quando, sotto suggerimento di un’amica, inviai il mio lavoro per il concorso di racconti illustrati.
Più di cinquecento racconti inviati, dodici soli vincitori, tra cui il mio dal titolo La begonia.

tapirulan_1_329

Il regolamento è semplice: scrivere un racconto breve, scegliere tra una rosa di cinque illustratori dai quali si vorrebbe fosse illustrato il proprio racconto, inviare il tutto e attendere.
Una bella iniziativa giunta alla sua quarta edizione, di una associazione prima e casa editrice poi, che si impegna attivamente e con grande professionalità per creare qualcosa di tangibile e durevole: concorsi di poesie, illustrazioni, racconti come occasioni per creare sinergie e contatti tra le varie arti.
L’antologia contenente i racconti selezionati dalla giuria, guidata dallo scrittore Gianluca Morozzi verrà presentata domenica 7 ottobre a Cremona: alle 10 è fissato il ritrovo nella sede di Tapirulan (via Voghera) 1/a dove sarà allestita la mostra delle illustrazioni pubblicate sul libro, poi alle 11 ci si sposta presso  la caserma dei Vigili del Fuoco di Cremona (via Nazario Sauro 14) per la presentazione dello stesso.

bombeiros_cartolina

Qui sarà possibile incontrare gli autori: Marco Alfano, Donatella Azzolini, Edoardo Brosio, Andrea Cirillo, Roberto D’Agostin, Luca Dore, Francesca Marchegiano, Franjo Matanovic, Maurizio Perelli, Alessandro Sesto, Rosanna Spinazzola, Mario Trapletti.
E gli illustratori: Margherita Allegri, Claudio Arisi, Giuseppe Braghiroli, Daniele De Batté, Luca Fabbri, Faber, Dimitri Fogolin, Giorgio Fratini, Andrea Gualandri, Arianna Papini, Guido Scarabottolo, Lucio Villani, Daniela Volpari.
Il titolo del libro è Bombeiros, modo in cui vengono chiamati i pompieri portoghesi: perché l’arte divampa e il sacro fuoco delle parole brucia dentro tutti quelli che, dall’Arte, si sentono chiamati.
Se passate da quelle parti, siete i benvenuti.
A presto con gli aggiornamenti dell’evento, qualche anticipazione del mio racconto La begonia e l’illustrazione di Margherita Allegri legata al mio lavoro!

Il libro si può acquistare on line QUI

Oppure direttamente verso i punti vendita:

Parma
Libreria Feltrinelli
 via Repubblica, 2 – 0521.386810
Libreria Fiaccadori
 strada Al Duomo, 8 – 0521.282445
Libreria Mondadori 
Centro commerciale Euro Torri 3/3A, Piazza Balestrieri 2/A – 0521.271600

Cremona
Libreria Timpetill
 via Mercatello, 50 – 0372.800802
Libreria Feltrinelli
 corso Mazzini, 22 – 0372.24865
Centro Fumetto Andrea Pazienza 
piazza Giovanni XXIII, 1 – 0372.22207
Libreria Ponchielli
 piazza S. Antonio Maria Zaccaria, 10 – 0372.23867
Libreria Del Convegno
 corso Campi, 72 – 0372.22633

Milano
Libraccio
 via Corsico, 9 (incrocio con via Alzaia Naviglio Grande) – 02.8323230

Brescia
Libreria Colibrì
 via S. Bartolomeo, 15/a – 030.394225

Mantova
Libreria Nautilus 
piazza 80° Fanteria, 19 – 0376.360414
Libreria Feltrinelli
 via Umberto I, 56 – 0376.369733
Libreria Il pensatoio
 via Accademia, 56 – Tel: 0376.1810788 
www.pensatoioinrete.it

Bologna
MODO infoshop – Interno 4 Bologna
via Mascarella 24/b e 26/a – 051.5871012

Forlì
Libreria Regnoli
via Regnoli, 12 – 0543.30097

Roma
Libreria Altroquando 
via Del Governo Vecchio, 80 – 06.6879825 
www.altroquando.com

Napoli
Libreria Treves
 piazza Plebiscito, 12 – 081.7640858

Firenze
Libriliberi Libreria
 via San Gallo, 25/27r – tel: 0552658324
www.libriliberi.com

-Per informazioni: info@tapirulan.it

 
 

C’era una volta, a Grimmland… ovvero “Momenti da favola” del Goethe institut

[Suggerimento musicale per la lettura. Tchaikovsky: Il Valzer dei Fiori, da Lo Schiaccianoci]

 
 
Devo ammettere che da appassionata di fiabe quale sono, raggiunta l’età della ragione, non ho mai apprezzato pienamente il lavoro dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm.
Mi spiego meglio: il loro valore è assolutamente incontrovertibile, la raccolta dei racconti popolari tedeschi encomiabile e la loro dedizione ammirevole. Purtuttavia, i cambiamenti apportati alle fiabe che raccoglievano, in termini di eliminazione di ogni riferimento sessuale implicito o esplicito, sono talmente invasivi da essere secondi solo allo scempio che compì Perrault sulle fiabe popolari, adattandole (ma diciamo pure stravolgendole) al manierismo della corte francese alla quale erano destinate.
Per non menzionare l’orrore (ma qui i fratelli non c’entrano nulla) della traduzione inglese, dalla settima edizione in poi, dei loro racconti, che risultava epurata anche da ogni riferimento che oggi definiremmo noir.
Poi, certo, c’è quel pizzico di campanilismo che mi spinge a contestare la paternità tedesca o francese della fiaba di Cenerentola: la Gatta Cenerentola di Giambattista Basile nel suo Lu cunto de li cunti merita almeno una citazione, per la miseria (tanto più che la elaborò prendendola da lì), per non parlare de La bella addormentata.
Ma forse sono questioni di lana caprina: le fiabe appartengono all’intera umanità ed è insito nella loro natura il perdere qualcosa lungo il corso dei tempi per inglobare nuovi elementi che le mantengano vive in eterno (forse, ma a me la scarpa di cristallo inventata da Perrault proprio continua a non andarmi giù).
Le fiabe sono, secondo la mia modesta opinione di studiosa e appassionata, come sosteneva il formalista russo Propp, l’ultimo baluardo degli antichi riti di passaggio dall’età puberale a quella adulta che i ragazzi compivano al compimento della maggiore età (che all’epoca si aggirava intorno ai dodici anni).

foto-copia

Alcuni testi letti per la mia tesi

L’analisi che lo psicologo infantile Bruno Bettelheim, nel suo libro Il mondo incantato, condusse sulle fiabe dei Grimm lo portò ad affermare che esse altro non fossero che una analisi, con annessa soluzione, di problemi esistenziali infantili. Ma lui era psicologo, si sa, e per di più freudiano. La sua tesi, seppur interessante, mi pare un po’ tirata per i capelli: non nego che essa abbia in sé della verità, ma in aggiunta a quella formalista, non a prescindere da essa.
Le fiabe sono narrazioni di riti e credenze molto, molto antiche e, per questo, offrono soluzioni alla psiche umana in lotta con la dura legge della natura.
Riaffiorano analisi condotte sulla mia tesi di laurea sui Miti, i Riti e le Fiabe e mi viene voglia di citare Calvino, Eliade, Yeats e Afanas’ev, tanto per dirne alcuni, anzi no: sarebbe interessante riportare Jung e Campbell e Il Mahābhārata o forse potrei partire da Lemille e una notte e dall’Edda di Snorri.

Ma io divago. Torniamo a noi.

Estate, giallo, afa: mia cognata mi telefona (lei insegna tedesco alle superiori); c’è un concorso piccolo ma pregevole bandito dal Goethe-Institut. Si chiama “Momenti da favola”: basta comporre una fiaba non più lunga di tre frasi su quello che si ritiene essere il momento della giornata (o della vita) che più si avvicina a una favola, per celebrare l’uscita, duecento anni fa oggi, nel 1812, della prima edizione delle Favole dei Fratelli Grimm. Primo premio: un fine settimana in Germania. Secondo: gadget e pubblicazione sul sito. Ci penso, ringrazio, abbasso la cornetta.

Estate, giallo, afa: qual è il momento che rende la mia giornata una favola? Ci penso un nanosecondo, credo. Forse meno. Abbasso lo sguardo sul quaderno che ho davanti, prendo la penna, ci penso qualche minuto. Scrivo, cancello, riscrivo. Non mi piace. Riscrivo e taglio. Mi faccio un caffè, mi risiedo e riscrivo la parte tagliata.

Ecco il mio momento da favola:
“Una porta si apre: sulle pagine si scontrano parole, dietro gli occhi esplodono galassie. L’anima, sporgendosi per guardare meglio, ci precipita dentro. Tutti lo chiamano leggere, io lo chiamo tornare a casa.”
Invio per mail e non ci penso più. Dopo qualche tempo, mi avvisano che la mia mini favola è seconda, insieme a qualche altra ex equo.

foto

I gadget-premio del Goethe Institut

Il mio nome, insieme a quello degli altri vincitori, è pubblicato sul sito www.goethe.de/grimmland nella pagina dedicata al concorso “Momenti da favola”. Due settimane dopo ricevo un pacco: borsa, quaderni, blocknotes, magliette e perfino un gioco di società.
Il fine settimana a Berlino mi sarebbe piaciuto, ma questa organizzazione tedesca non mi dispiace. In fin dei conti, ho il mio nome accanto a quello dei fratelli Grimm, sul sito almeno. E’ vero, non li idolatro, ma sono pur sempre coloro che scrissero il primo Dizionario di tedesco al mondo! La stima, c’è, e in un certo qual modo anche un tenero, singolare affetto.
Cos’altro importa?

 

La casa del quartiere Coppedè

Un concorso letterario, indetto dal Comune di Roma.
Un premio dedicato al quartiere Coppedè, “unico esempio a Roma dell’eclettismo dell’architetto e scultore fiorentino Gino Coppedè”.

Chi  conosce Roma non può ignorare questo quartiere che combina in maniera originale stili architettonici tanto diversi. Liberty, Art Decò, Gotico e Barocco, fusi con l’arte medievale, rinascimentale e dell’antica Grecia. Il risultato è conturbante, spiazzante, ammaliante.
Una zona franca nella frenesia caotica dell’Urbe.
Per queste creazioni surreali ho creato una storia brevissima.
Il titolo è La casa del quartiere Coppedè.

Uno dei ragazzi che ha valutato il mio racconto per la selezione si è venuto a complimentare.
Mi ha detto di averlo letto di notte e durante la lettura si è dovuto alzare per accendere la luce. La storia gli ha provocato una inquietudine sottile che gli è rimasta attaccata addosso per ore.
Quale migliore complimento poteva mai essermi fatto?

Qui c’è il racconto completo, con il titolo cambiato. Chissà perché.

Deve essere piaciuto, a giudicare dal risultato.

antologia-e-targa-coppede

SINOSSI

Gualtiero, il protagonista, abita il quartiere nell’immediato dopoguerra. Soggiogato da quelle visioni di calce e cemento cade vittima delle sue stesse illusioni e, semplicemente, perde il senno. Vediamo il quartiere attraverso i suoi sensi, i suoi sentimenti. Angoscia, paura, inquietudine. Sente che il quartiere lo ha condannato a una esistenza diversa, limitata. Lo imprigiona, gli toglie l’aria, la libertà. Ma è davvero così? In un “mondo esterno” in cui la “malta grezza del materialismo” si è infiltrata ovunque, chi è davvero il folle? Chi vive imprigionato e conduce una esistenza limitata? Non lui. 

Qualche foto della premiazione.

premio-letterario-coppede_1                        coppede-premiazione_4