Un concorso letterario, indetto dal Comune di Roma.
Un premio dedicato al quartiere Coppedè, “unico esempio a Roma dell’eclettismo dell’architetto e scultore fiorentino Gino Coppedè”.
Chi conosce Roma non può ignorare questo quartiere che combina in maniera originale stili architettonici tanto diversi. Liberty, Art Decò, Gotico e Barocco, fusi con l’arte medievale, rinascimentale e dell’antica Grecia. Il risultato è conturbante, spiazzante, ammaliante.
Una zona franca nella frenesia caotica dell’Urbe.
Per queste creazioni surreali ho creato una storia brevissima.
Il titolo è La casa del quartiere Coppedè.
Uno dei ragazzi che ha valutato il mio racconto per la selezione si è venuto a complimentare.
Mi ha detto di averlo letto di notte e durante la lettura si è dovuto alzare per accendere la luce. La storia gli ha provocato una inquietudine sottile che gli è rimasta attaccata addosso per ore.
Quale migliore complimento poteva mai essermi fatto?
Qui c’è il racconto completo, con il titolo cambiato. Chissà perché.
Deve essere piaciuto, a giudicare dal risultato.
SINOSSI
Gualtiero, il protagonista, abita il quartiere nell’immediato dopoguerra. Soggiogato da quelle visioni di calce e cemento cade vittima delle sue stesse illusioni e, semplicemente, perde il senno. Vediamo il quartiere attraverso i suoi sensi, i suoi sentimenti. Angoscia, paura, inquietudine. Sente che il quartiere lo ha condannato a una esistenza diversa, limitata. Lo imprigiona, gli toglie l’aria, la libertà. Ma è davvero così? In un “mondo esterno” in cui la “malta grezza del materialismo” si è infiltrata ovunque, chi è davvero il folle? Chi vive imprigionato e conduce una esistenza limitata? Non lui.
Qualche foto della premiazione.